
“Le cose sono là che navigano nella luce, escono dal vuoto per aver luogo ai nostri occhi. Noi siamo implicati nel loro apparire e scomparire, quasi che fossimo qui proprio per questo. Il mondo esterno ha bisogno che lo osserviamo e raccontiamo, per avere esistenza. E quando un uomo muore porta con sé le apparizioni venute a lui fin dall’infanzia, lasciando gli altri a fiutare il buco dove ogni cosa scompare.”
Gianni Celati, Verso la foce, Milano, Feltrinelli, 1989.
Un viaggio alla scoperta di un territorio che per me rappresenta casa e allo stesso tempo, mi è estraneo.
Il paesaggio della Val d’Elsa, tra colline, campi incolti, fabbriche dismesse e paesi distratti, appare come un ambiente che respira a fatica. In esso si riconosce un’eterotopia: il fiume Elsa, luogo in cui le proiezioni mentali degli abitanti plasmano lo spazio stesso. Michel Foucault definì infatti l’eterotopia come quel luogo capace di annullare o completare la realtà attraverso la percezione individuale. Oggi, come afferma Alberto Magnaghi, viviamo una fase di de-territorializzazione: la fiducia cieca nella tecnologia e l’industrializzazione cancellano progressivamente gli spazi rurali, assottigliando i confini tra città e periferia e riducendo il rapporto diretto con l’ambiente. Tuttavia, proprio dalla cura quotidiana e dall’interesse degli abitanti dipende la salvaguardia del territorio, che può restare “puro” e vitale. Queste riflessioni, insieme agli insegnamenti di fotografi come Ghirri, Soth e Kander, hanno guidato la mia ricerca sul fiume Elsa, luogo familiare e al tempo stesso estraneo, che si rivela come spazio eterotopico sospeso tra realtà e immaginazione.



Brunello e Gina


Omero, proprietario dell'alimentari "Da Ademia" al crocevia a Badia a Elmi, tra Certaldo, San Gimignano e Gambassi Terme



Maddalena Zuddas, guida ambientale


Alessandro, operaio del comune di San Gimignano durante l'esondazione del fiume Elsa nei pressi di Badia a Elmi a novembre 2019